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.    the TEAM       .

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 STEFANO BOTTO   .

founder

We believe in error. We believe in complexity. Because they are useful tools.

Believing in error means believing in change, in the possibility of seeing new things, in the possibility of drawing order from chance.

Believing in error means believing in the sense of the limit. The limit gives you references and gives you new stimuli. There is the physical limit: it means making only the beers that can be made, that your environment allows you to make, at that given moment. And don't make any beer you'd like,  by deliberate decision. The limit creates bonds, creates belongings.

And then there is the limit of ideas: every vision, even the broadest, every description of reality, even the more exhaustive, is never the final word. They are only what can be said or seen of the current reality, under current conditions, from a certain point of view.

And therefore believing in error also means believing in doubt. Because there may be other realities, other visions, other ideas. Which are simply different, not in contrast. And this is the complexity. Complexity is never definitive, it is not decided, it is not determined, it is not governed. But you can interact with it. For example by means of a brewery.

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Aprire un pacchetto sigillato e versare il lievito in un mosto sono operazioni che richiedono di avere due o tre parametri in ordine e tanto basta. Perchè non è un vero e proprio sistema complesso quello che si crea. Siamo più dalle parti del determinismo, come su un tavolo da biliardo. 1+1 fa sempre 2. 

Nei sistemi complessi invece 1+1 può fare 2, oppure 11 oppure 1 oppure un risultato qualsiasi. A volte può addirittura fare più risultati insieme, dipende dal punto di vista. Mettere un mosto in una coolship e tentare una fermentazione spontanea richiede l'intervento e l'interazione di infinite variabili per un lungo periodo di tempo. Il risultato non è predeterminato nè prevedibile. Più che i calcolatori servono riti magici, per governare la complessità. Poi, certo, i parametri controllabili devono essere in ordine. O almeno uno ci prova.

Facciamo birre, sidri, idromele, vini di frutta, che sono espressione di quel che c'è. Non aspettarti nulla, anzi sforzati di dimenticare tutte le tue aspettative. Null'altro che le sensazioni del momento. C'è quel che c'è. Se ti piace, ripeti. Se non ti piace, passa ad altro.

Marco

  MARCO BENDA    .

brewer

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  MATTEO VOLIANI    .

brewer

In una cantina di fermentazioni selvagge occorre espandere la figura del birraio. Se in un birrificio può essere una persona sola al comando, dal cui talento dipende buona parte delle sorti del birrificio stesso, in una cantina di fermentazioni selvagge c'è molto altro.

Nel nostro intorno, da cui provengono frutti antichi, uva, miele, erbe spontanee, cereali e botti, ci relazioniamo ogni giorno con agricoltori custodi, contadini eroici, vignaioli, raccoglitori e trasformatori, che partecipano attivamente alle nostre fermentazioni. Le loro esperienze e intuizioni fanno la differenza. 
Poi, certo, ci sono le cotte di birra, e servono birrai preparati. Ma le cotte sono una delle fasi del processo, e non sempre necessaria, come per i sidri, gli idromele e i vini di frutta. Tutto il resto è cura della materia prima, governo dei mosti, dubbi, intuizioni e condivisione di idee. Tutto il resto è roba di cui non sai nulla quando ti approcci per la prima volta. Perché si conosce solo facendo e solo attraverso il confronto con gli altri, dentro e fuori la Cantina. Le nostre fermentazioni nascono dall'interazione tra le persone, perché insieme si condividono le sensazioni e si scommette sulla strada da percorrere. Insieme si crea nuova conoscenza.

Matteo

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